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Nomadismo delle api

Una delle tecniche più diffuse per la produzione delle varietà più diversificate di miele è il nomadismo delle api.

Questa tecnica si basa essenzialmente sulle fioriture stagionali, ove risulta di vitale importanza trovare delle zone aperte e provviste di fiori già sbocciati. Dopodiché, si portano le api per cominciare il processo di impollinazione.

Questa moderna transumanza autostradale è fatta di notte, quando le api sono tutte dentro l’alveare: le carichiamo sui camion dopo il tramonto, le spostiamo nella notte e le liberiamo il mattino successivo.

Le api bottinatrici escono dalle loro casette e trovano un ambiente nuovo, dove si orientano in fretta trovandovi abbondanti fioriture.

È grazie a questa alleanza con l’apicoltore che le api possono produrre più miele di quanto occorre loro per superare l’inverno e lasciare l’eccedenza all’uomo.

Su questa materia, sorgono, spesso e volentieri, contenziosi fra apicoltori, he si trovano a produrre, da stanziali o nomadi, in uno stesso comprensorio ricco di fioriture mellifere. Così si esprime la FAI (Federazione Apicoltori Italiani):

Ai sensi della legge n. 313/2004 per la Disciplina dell’Apicoltura, il nomadismo è la conduzione dell’allevamento apistico a fini di incremento produttivo che prevede uno o più spostamenti dell’apiario nel corso dell’anno. La stessa legge, inoltre, precisa che ai fini di un adeguato sfruttamento delle risorse nettarifere lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano incentivano questa pratica economico-produttiva, a condizione che venga assicurato un  preventivo accertamento affinché gli apiari, stanziali o nomadi, rispettino le norme del Regolamento di Polizia Veterinaria. Stabilito tale principio generale, la legge nazionale chiarisce anche che le Regioni unicamente per finalità produttive e per esigenze di ottimizzazione dello sfruttamento delle risorse nettarifere, possono determinare la distanza di rispetto tra apiari, composti da almeno cinquanta alveari, in un raggio massimo di 200 metri. Purtroppo, dall’entrata in vigore della legge quadro per l’apicoltura ad oggi, sono soltanto tre le Regioni che hanno provveduto a recepirla – Friuli Venezia Giulia, Toscana, Campania – disciplinando anche la materia del nomadismo; ad esse si aggiunge la Provincia Autonoma di Trento. Occorre altresì ricordare che, in materia, è tuttora vigente il Regio Decreto n. 614 del 1927 che in tema di nomadismo contempla espliciti e ancora attuali indirizzi. Per la determinazione delle distanze, ad esempio, che debbono intercorrere fra apiari stanziali di non meno di 50 alveari, la distanza obbligatoria tra apiari non minori di 50 alveari non può essere superiore a 3 chilometri in linea d’aria. Sempre nello stesso provvedimento, inoltre, si chiarisce che apiari di entità inferiore ai 50 alveari non sono, comunque, sottoposti al vincolo della distanza obbligatoria e che, nel calcolo numerico degli alveari, due nuclei di api devono essere calcolati al pari di un alveare. E’ inoltre da tener presente che colui che ha impiantato un apiario, in un tempo antecedente ad un altro apicoltore, ha un diritto di prelazione rispetto a chi arriva dopo di lui. Analogo diritto ha chi sia contemporaneamente proprietario del fondo e dell’apiario rispetto a chi sia solo proprietario dell’apiario. La distanza, infine, alla quale gli apiari nomadi di oltre 50 alveari possono collocarsi, rispetto ai fissi di entità superiore a 50 alveari, non può essere minore di 2 chilometri.

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